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DDL 1167/B - ARBITRATO E LICENZIAMENTI

Ultimo Aggiornamento: 26/03/2010 16:33
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26/03/2010 16:30



Le nuove norme sull’arbitrato ed i licenziamenti

Gli articoli dal n. 30 al n. 32 della legge (già ddl 1167/b) approvata il 3 marzo 2010 dal Senato - recante Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti……, nonche´ misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro - prevedono significative innovazioni in materia di processo del lavoro e chiamano in causa anche il delicatissimo tema del licenziamento che, come noto, è regolato dal famoso “Articolo 18” dello “Statuto dei Lavoratori” (legge n. 300/1970).

Allo scopo di “abbassare la temperatura” del confronto politico e sindacale su una materia così delicata, occorre dire subito che la nuova legge non modifica né tantomeno abroga l’art. 18.

In sintesi.

Art. 31 - “Conciliazione e arbitrato”
E’ assolutamente pacifico che i commi dal 1° al 4° regolano, con qualche lifting procedurale, la preesistente normativa sul tentativo obbligatorio di conciliazione prima di adire la via giudiziale.
Il 5° comma, invece, modifica l’art. 412 del codice di procedura civile sulla risoluzione arbitrale della controversia prevedendo che le parti, in qualunque momento del tentativo obbligatorio di conciliazione possono indicare la soluzione sulla quale concordano, affidando alla stessa commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia.
Il comma 6 estende la possibilità della conciliazione e dell’arbitrato, così come rimodulate dalla legge, presso le sedi sindacali e con le modalità previste dai CCNL.
Il comma 7 prevede altre modalità di conciliazione ed arbitrato da affidare ad un collegio "composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione".
Il comma 8 estende la conciliazione e l’arbitrato anche "a tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni" con qualche eccezione.

Il comma 9 è quello più controverso a causa della previsione che "le parti contrattuali possono pattuire clausole compromissorie (.) solo ove cio`sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu` rappresentative sul piano nazionale. La clausola compromissoria, a pena di nullita`, deve essere certificata."
In proposito sono state espresse preoccupazioni in quanto il lavoratore, all’atto dell’assunzione, potrebbe essere indotto ad accettare la clausola compromissoria solo per non perdere l’occasione di lavoro.
Al riguardo, però, ci sorregge proprio il tenore letterale della norma che fa espresso rinvio, affinché la clausola possa diventare operativa, ad accordi interconfederali tra i sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale ed associazioni dei datori di lavoro, ai CCNL oltre che alla procedura di certificazione della clausola stessa.
Passaggi procedurali essenziali e non eludibili, purchè si provveda entro un anno dall’entrata in vigore della legge.
Ed è proprio per evitare questo rischio che l’UGL, l’11 marzo scorso, ha sottoscritto un avviso comune con tutti gli altri sindacati (esclusa la Cgil) e le parti datoriali, volto "a definire con tempestività un accordo interconfederale escludendo che il ricorso delle parti (cioè del datore di lavoro e del lavoratore) alle clausole compromissorie poste al momento dell'assunzione possa riguardare le controversie relative alla risoluzione del rapporto di lavoro".

Sulla scorta di quanto precede è agevole dedurre che la nuova cornice giuridica all’interno della quale sono stati definiti tempi e modi di gestione delle controversie in materia di lavoro, non penalizzano affatto il lavoratore, limitandosi a definire procedure più snelle e senza sottrarre diritti o prerogative al lavoratore in caso di licenziamento.
L’art. 18 non è stato affatto toccato, con la conseguenza che la reintegrazione nel posto di lavoro stabilita proprio dall’art. 18, potrà essere richiesta anche in sede di tentativo di conciliazione e di arbitrato.
Appare evidente, quindi, che il sindacato è chiamato a svolgere fino in fondo il proprio lavoro, in prima battuta contribuendo a definire Accordi Interconfederali che garantiscano il lavoratore e successivamente assistendolo in caso di controversie.

[Modificato da EUSTEMAUGL 26/03/2010 16:33]
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Direzione Sindacale UGL - Eustema
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